La sindrome del colon irritabile (IBS)
- Eva Baldini
- 7 mag 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 4 lug 2020
Tantissime persone la lamentano, ma è davvero sempre così? Quando è corretto diagnosticarla? E, soprattutto, cosa fare?

Al giorno d’oggi sono moltissime le persone che accedono agli ambulatori di nutrizione con problematiche legate al cosiddetto “colon irritabile”, tanto che la prevalenza nei paesi industrializzati raggiunge circa il 20% della popolazione, dove le donne sono più colpite degli uomini (rapporto 2:1).
In realtà, sotto questo nome generico si raggruppa un ampio insieme di disturbi intestinali cronici, riferibili appunto al tratto di intestino crasso noto come colon.
Come primo passo è fondamentale fare una distinzione tra quelle che sono le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (denominate MICI), e quella che è invece una sindrome estremamente diversa: se nelle prime abbiamo una vera e propria alterazione dell’anatomia intestinale (Morbo di Chron, Colite ulcerosa..), ciò non avviene in caso di colon irritabile, dove l’anatomia intestinale non presenta alcuna alterazione o anomalia.
Proprio a causa della mancanza di alterazioni strutturali, il colon irritabile rientra nei “disturbi funzionali gastrointestinali" (Functional Gastrointestinal Disorders – FGD), caratterizzati da una combinazione variabile di sintomi ricorrenti o cronici.
La Commissione Roma III ha definito i criteri della diagnosi, comunque per nulla semplice, per almeno due motivi: la mancanza di un test diagnostico specifico e la non specificità dei sintomi (si tratta infatti si manifestazioni comuni a tante altre patologie dell'intestino).
Tuttavia, secondo la Commissione si può parlare di sindrome del colon irritabile quando i sintomi permangono da almeno 12 settimane, non necessariamente consecutive, e che nei 12 mesi precedenti ci siano stati disagi addominali con almeno tre delle seguenti caratteristiche:
dolore o fastidio addominale che migliora con l’evacuazione
esordio associato ad un cambiamento di frequenza dell’evacuazione
esordio associato ad un cambiamento di forma (aspetto) delle feci.
La diagnosi è ulteriormente supportata da alcuni sintomi:
frequenza dell’alvo anormale (più di tre volte al giorno o meno di tre a settimana)
consistenza delle feci alterata
disturbi alla defecazione (senso di urgenza, sforzo eccessivo, sensazione di svuotamento incompleto)
presenza di muco nelle feci
meteorismo o distensione addominale.
Nonostante la grandissima diffusione di persone affette da questo disturbo, ed i numerosi studi in merito, le vere e proprie cause della sindrome del colon irritabile rimangono un enigma.
Secondo alcune ipotesi attendibili, all'origine ci sarebbe una comunicazione anomala tra encefalo, fibre nervose che innervano l'intestino e muscoli intestinali, che potrebbe evolvere in alcuni dei sintomi tipici (dolore, crampi addominali, stipsi, diarrea, gonfiore, meteorismo…), mentre altre ipotesi puntano il dito contro determinate categorie di alimenti, in particolare i carboidrati, ma anche alcune proteine, come il glutine.
E’ noto che fattori psicologici sono documentati in circa l’80% dei soggetti affetti da colon irritabile (ansia, somatizzazione, depressione), tuttavia non sembra l’unica causa.
Vari studi suggeriscono infatti che la flora batterica intestinale possa essere alterata nei soggetti affetti, ed in particolare sono stati evidenziati effetti positivi sul quadro intestinale in seguito alla supplementazione con prebiotici (fibra solubile che rappresenta un substrato per i nostri batteri) o probiotici (microrganismi vivi che si ritrovano nel nostro intestino).
Il primo passo per risolvere il quadro di IBS (Irritable Bowel Syndrome - sindrome del colon irritabile) è sicuramente rappresentato da un’attenzione alla flora batterica intestinale, che deve essere in equilibrio e ben nutrita (basti considerare che nel nostro intestino risiedono 1,5 Kg di batteri, di circa 500 specie diverse!); esistono poi varie sostanze fitoterapiche, ovvero derivate da piante, che possono essere di supporto (uno fra tanti l’olio essenziale di menta piperita, che ha la proprietà di rilassare la muscolatura liscia intestinale, di alleviare gli spasmi ed i crampi addominali, normalizzare l’alvo alterno ed agire come carminativo naturale, eliminando meteorismo e flatulenza) ed enzimi digestivi.
Largo impiego trova anche il magnesio, in grado di rilassare la muscolatura, aiutando a controllare lo spasmo muscolare. In letteratura è noto come la carenza di magnesio sia collegata ad uno stato infiammatorio sistemico, a sua volta associato ad alterazioni e cambiamenti nella flora microbica intestinale (in particolare a livello di Bifidobatteri). Oltre a migliorare quindi l'eubiosi (equilibrio della flora batterica) il magnesio coadiuva anche il rilascio di colecistochinina (CCK), ormone proteico coinvolto nell’omeostasi dei processi digestivi, e migliora la motilità intestinale.
Oltre all'integrazione, basilare è una corretta educazione al mangiare (leggi l'articolo dedicato).
A volte, però, questi interventi non sono sufficienti e le persone continuano, se pur con frequenza spesso inferiore, a lamentare il disturbo.
Alcuni studi hanno quindi aperto all’attenzione all’alimento stesso come possibile causa di IBS, non a causa di intossicazioni o allergie alimentari, ma di intolleranze, definite come reazioni avverse non tossiche e non immunomediate ad alcuni componenti dei cibi (istamina, glutammato, ecc..) o reazioni metaboliche dovute ad alterato assorbimento di alcuni carboidrati, per esempio i FODMAP (leggi l'articolo dedicato).
Compito del Nutrizionista è definire quale intervento, tra tutti quelli finora citati, sia l'intervento più consono da adottare, in base ad un'attenta anamnesi condotta durante la visita!




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